Lista Civica La Piazza

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cascina roccafranca

  1. Quando e come nasce l’idea di realizzare il progetto Cascina Roccafranca?

Il progetto Cascina Roccafranca nasce nell’ambito del progetto europeo di rigenerazione urbana “URBAN 2 -Mirafiori Nord”, che si è sviluppato nel periodo 2002-2008, e costituisce una delle azioni più emblematiche di quel progetto fondendo in un unico intervento i tre assi progettuali: trasformazioni urbanistiche, sviluppo economico, promozione sociale e culturale.

Cascina Roccafranca è stato un intervento che ha restituito al quartiere una struttura abbandonata e degradata, ha dato vita ad una impresa sociale con significative ricadute economiche ed occupazionali, che è diventata un punto di riferimento per cittadini ed associazioni che vogliono partecipare attivamente alla vita culturale e sociale del quartiere in cui vivono.

Il progetto ha origine da un percorso di progettazione partecipata che ha coinvolto un po’ tutti i soggetti territoriali, ricordo che alle assemblee plenarie partecipavano anche un centinaio di persone in rappresentanza di associazioni, servizi sociali e sanitari, parrocchie, scuole, sindacati, singoli cittadini.

L’idea inizialmente era quella di dar vita ad un luogo capace di occuparsi dei vari problemi delle persone del quartiere, tante che si parlava di “Casa del disagio quotidiano”. Fortunatamente, il confronto fra le varie realtà ha capovolto i termini con cui affrontare la questione, passando dall’idea “di cercare delle soluzioni ai problemi” a quella di dar vita ad un luogo capace di valorizzare le risorse esistenti e stimolarne di nuove “per creare opportunità ed occasioni per migliorare la qualità della vita delle persone”. Da una analisi, spesso sterile, di ciò che è negativo, allo sforzo di capire come valorizzare e sostenere ciò che di positivo già esiste o che potenzialmente potrebbe essere.

Tutto ciò si è tradotto nel pensare alla Cascina Roccafranca come ad un luogo capace di promuovere opportunità ed occasioni per generare relazioni significative tra le persone al di fuori della stretta rete parentale. Dalle semplici relazioni amicali che comunque sono alla base della nostra vita sociale, a relazioni che consentano di sviluppare, insieme ad altri, interessi comuni di varia natura, fino a dar vita a veri e propri gruppi informali ed associativi che si auto organizzano non solo per dare risposte a proprie esigenze culturali ma anche capaci di divenire delle risorse importanti per tutta la comunità nell’ affrontare quelle situazioni problematiche che quotidianamente incontriamo nelle nostre comunità.

  1. Quali sono gli elementi che hanno determinato il successo di questa esperienza, che poi ha fatto da apripista ad altre iniziative a Torino ed è ancor oggi considerata una “buona pratica” a livello italiano ed internazionale?

Ci sono vari elementi che caratterizzano questo modello di centro culturale rispetto agli altri e che noi oggi chiamiamo “Casa del quartiere”; voglio evidenziarne quattro:

Non ha un target preciso.

Non è solo un centro per bambini e famiglie, non si occupa esclusivamente di giovani, non è un centro anziani, non è un circolo ricreativo, neppure una biblioteca o un centro informativo o di ascolto e neanche uno sportello sindacale, ma è tutto questo messo insieme arricchito da spazi di convivialità come una caffetteria e un ristorante.

Cerca di rispondere alle diverse esigenze culturali ed aggregative dei cittadini.

Puoi assistere ad uno spettacolo, ad un concerto o ad una conferenza, ma puoi anche fare teatro, far parte di un coro, organizzare momenti danzanti o promuovere l’incontro con un autore famoso.

Puoi iscriverti a corsi e laboratori di vario tipo, ma puoi anche, con altre persone, dipingere insieme, fare bricolage, cantare, ballare, giocare senza pagare un insegnante, ma semplicemente auto organizzandosi.

Puoi fare un aperitivo, passare un pomeriggio in caffetteria o una sera al ristorante, ma puoi anche riunirti con altre persone per promuovere iniziative e progetti sulle questioni di genere, piuttosto che partecipare attivamente ad un gruppo di acquisto solidale o che aiuta ragazzini in un doposcuola.

In sintesi, un luogo dove non c’è una cultura o un tipo di aggregazione di serie A, B o C, ma rispetta le diverse esigenze delle persone, da quelle più semplici di tempo libero ed incontro a quelle di soddisfare esigenze culturali più approfondite o di diretto impegno sociale.

E’ un luogo bello, attrattivo ed accessibile

Spesso in passato, ma ancor oggi, gli spazi destinati allo svolgimento di attività culturali aggregative o educative, sono spazi recuperati non pensati per questi scopi, non curati e male attrezzati.

Cascina Roccafranca è sì il frutto di un recupero edilizio, ma che ha visto confrontarsi nella sua progettazione gli architetti con tutti coloro che stavano pensando alle sue funzioni future, mescolando conservazione di antico con modernità, utilizzando il vetro per renderlo trasparente, comunicativo e facilmente accessibile, dove non c’è una portineria che controlla ma uno spazio accoglienza che informa ed ascolta le esigenze.

Spesso le persone che ci entrano per la prima volta dicono sorpresi “bello, ma è del Comune? perché sembra di essere in Europa.”

E’ un luogo partecipato da cittadini, gruppi informali ed associazioni

Spesso per descrivere Cascina Roccafranca evoco l’immagine di un contenitore vuoto che deve essere riempito. Un contenitore con una sua struttura che ne definisce la forma, la capienza, le possibilità e i limiti di utilizzo. Il ruolo del Consiglio Direttivo della Fondazione e dei suoi operatori è quello di presidiare il “contenitore” garantendo il rispetto delle finalità, degli obiettivi generali, delle metodologie operative definiti dallo statuto e dai piani strategici pluriennali.

Mentre il compito di riempire il contenitore di idee, progetti, iniziative è lasciato ai cittadini, ai gruppi informali, alle associazioni. Tanto che almeno il 90% di quanto accade in Cascina è frutto delle idee e dell’impegno delle molte realtà che operano in Cascina.

  1. Quale ruolo ha giocato e gioca lo staff degli operatori nel buon funzionamento di Cascina Roccafranca?

Da quanto detto in precedenza è facile evincere che il ruolo dello staff è duplice: quello di curare la Cascina, gestendo tutti quegli aspetti amministrativi, logistico organizzativi e manutentivi che garantiscano l’accessibilità e l’utilizzo della struttura da parte di tutti, dall’altro quello di accompagnare “al fare“ tutte quelle realtà, dai singoli cittadini agli enti più strutturati, che vogliono promuovere iniziative e progetti attraverso Cascina Roccafranca.

Un metodo di lavoro che mette al centro il protagonismo dei cittadini attivi, singoli o organizzati in varie forme, e non quello degli operatori.

Un metodo di lavoro basato sull’accoglienza delle persone, delle loro idee, ma anche dei loro bisogni, sull’ascolto non solo delle persone ma anche di ciò che esprime il territorio, sull’accompagnamento, aiutando gli altri, quando ce n’è bisogno, a trasformare le idee in progetti fattibili e sostenibili.

Senza dimenticare il ruolo di stimolatori di nuove iniziative, e di tessitori di sinergie e reti per costruire nuove collaborazioni e progettualità a favore di tutta la comunità.

Ciò implica professionalità, ma anche sensibilità personale, condivisione dei valori, empatia, coinvolgimento personale e dedizione anche oltre l’orario di lavoro, che credo abbiano caratterizzato il lavoro dello staff in tutti questi anni e che costituiscono sicuramente un altro elemento del successo di Cascina Roccafranca.

  1. Come sei diventato direttore della Fondazione Cascina Roccafranca, cosa hai messo di te in questa esperienza e cosa hai ricevuto in questi quindici anni?

Credo di essere diventato direttore non per caso, ma per il percorso professionale ed esperienziale che aveva caratterizzato la mia vita, lavorativa e non solo, fino al 2006 in cui sono stato nominato direttore.

Dalle esperienze associative in quartiere in giovane età, al desiderio di fare l’animatore culturale che poi si è realizzato prima nel Comune di Orbassano e poi a Torino nella Circoscrizione 2, all’aver aderito al Progetto periferie promosso dall’allora assessore Artesio occupandomi della creazione e coordinamento del Tavolo Sociale Mirafiori Nord che è stato poi propedeutico alla candidatura e poi realizzazione del progetto europeo Urban 2.

Ho avuto la fortuna in quel progetto di essere stato il responsabile delle azioni dell’asse sociale e culturale fra cui quella che prevedeva la ristrutturazione della Cascina Roccafranca e del conseguente utilizzo come centro culturale e sociale. Credo che questo percorso abbia motivato la scelta di individuarmi come la persona più adatta per realizzare il progetto.

Cosa ho messo in questa esperienza? Sicuramente tutta la mia professionalità, tutte le mie convinzioni e la volontà, l’impegno e la determinazione di cui sono stato capace per far nascere Cascina Roccafranca e poi dargli continuità; un’esperienza spesso faticosa, ma allo stesso tempo favolosa che è andata, fin da subito, oltre alle mie più ottimistiche previsioni.

Un’esperienza che ha arricchito fortemente la mia professionalità, trasformandola da animatore culturale al gestire una impresa sociale in tutta la sua complessità. Un’esperienza per certi aspetti totalizzante che mi ha dato grandi soddisfazioni e gratificazioni personali e lavorative.

Un’esperienza umana estremamente coinvolgente che mi ha fatto conoscere ed apprezzare tantissime persone che porto nel cuore, a partire dai colleghi che mi hanno cosi ben sostenuto a tutti quelli che hanno contribuito al successo di Cascina Roccafranca; un ricordo particolare a chi non c’è più e ha amato Cascina Roccafranca così come la amo io ancor oggi.

  1. “In questi 15 anni come è cambiata la Cascina e come è cambiato il suo ruolo sul territorio?”

Il ruolo principale svolto e che ancora svolge Cascina Roccafranca verso il territorio è quello di essere, fin dall’inizio, un punto di riferimento per i cittadini e per tutte quelle realtà che in qualche modo vogliono promuovere iniziative di carattere culturale e sociale a favore della comunità.

Un ruolo di sostegno concreto nell’aiutare a realizzare progetti ed iniziative, ma anche di stimolo favorendo la nascita di nuove aggregazioni di cittadini e facilitando sinergie e nuove collaborazioni su progetti trasversali.

Nei primi dieci anni ci si è molto concentrati nel consolidare il modello e le attività interne, migliorando l’organizzazione, la qualità degli interventi e la sostenibilità economica del progetto nel suo complesso. In questo periodo la Fondazione ha svolto anche un ruolo molto importante nel diffondere e consolidare il modello Casa del Quartiere a Torino e in Italia. La Fondazione Cascina Roccafranca è stata tra i principali artefici della nascita della Rete delle Case del Quartiere, che oggi è riconosciuta dalla Città di Torino, dalla Compagnia di San Paolo e da tante altre istituzioni locali come un’affidabile infrastruttura culturale e sociale per realizzare efficacemente e facilmente progetti di varia natura su tutto il territorio cittadino.

In questi ultimi anni, a causa ma anche grazie alla pandemia Covid 19, la Cascina Roccafranca sta intensificando il proprio ruolo sociale, promuovendo iniziative di solidarietà verso le famiglie più fragili. Credo che in questa direzione la Fondazione sia chiamata ad essere non più solo un riferimento culturale ed aggregativo per il territorio, ma debba diventare protagonista dello sviluppo in quartiere di una strutturate rete di Welfare Comunitario a sostegno, non alternativa, delle forme di assistenza dei servizi esistenti.

Le premesse ci sono tutte, molte sono le realtà già interessate, speriamo che anche le istituzioni territoriali e locali ci sostengano in questa iniziativa.




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