I fatti emersi in questi giorni a Roma hanno portato alla luce un sistema di commistione tra politica e criminalità nel quale i confini tra legalità e illegalità sono così indefiniti da risultare irrimediabilmente compromessi.
Politici e amministratori locali favorivano le imprese degli “amici” negli appalti (gestione dell’emergenza immigrati, sgombero campi rom…) in cambio di veri e propri stipendi paralleli di diverse migliaia di euro e di benefit aggiuntivi.
Poco importa se gli “amici” sono dei criminali. Poco importa se tutto questo avviene sulla pelle dei più deboli. Poco importa essere di “destra” o di “sinistra”, la corruzione non guarda certo al colore politico: l'unica cosa che conta è "fare soldi".
Al di là delle colpe dei singoli, che saranno giudicate dalla magistratura, emerge netta la responsabilità delle forze politiche, che poco fanno per tracciare un confine netto e invalicabile tra legalità e illegalità, che troppo spesso antepongono le “amicizie” al “bene comune”, che troppo spesso lasciano che gli affari privati spolpino le istituzioni pubbliche, a tutti i livelli. Salvo poi, quando ormai i buoi sono scappati, correre a chiudere la stalla commissariando o meno il partito locale o avviando processi mediatici al capro espiatorio di turno.
Purtroppo non è la prima volta che ciò accade e non siamo così sprovveduti da pensare che sarà l'ultima, ma vogliamo continuare a credere che se tutti quanti avessimo il coraggio di andare contro il “così fan tutti” la società sarebbe migliore.
I margini per agire concretamente ci sembrano pochi, al nostro livello, ma in questi anni ci abbiamo provato, attraverso alcune importanti battaglie (P.T.A., Fondazione Dare, Inceneritore, ecc…) per riaffermare la superiorità del bene comune sull’interesse individuale o corporativo.
A volte abbiamo vinto, a volte perso. In ogni caso crediamo di aver riportato al centro delle scelte politiche il valore dell’interesse collettivo.
Ci sembra importante ribadire ancora una volta il nostro disgusto per questo modo di gestire la “cosa pubblica” e il nostro disprezzo per chi tradisce le istituzioni svendendole per il proprio profitto personale, sia esso economico o politico. L’invito che facciamo è di lottare insieme contro la rassegnazione di chi dice che senza una raccomandazione o senza conoscenze non si arrivi da nessuna parte. Non è così. Occorre ripetere che la corruzione è un danno economico alle tasche di ogni cittadino. Senza corruzione pagheremmo meno IMU, meno TARI , meno retta scolastica… e probabilmente l’Italia sarebbe la locomotiva d’Europa.
Essere davvero convinti nel nostro piccolo di questo sarebbe già la forza del cambiamento.